venerdì 4 dicembre 2009

Il cinema sinfonico di Quentin Tarantino

Piccolo cappello introduttivo, solo un cappellino con veletta. Il prof. Yehuda Bauer, preoccupato per una nuova ondata di antisemitismo provocata dalla visione cinematografica di un plotone di ebrei spaccateste molto vendicativi e molto molto incazzati si sbagliava.
Era in errore pure il mio adorato Gilad Atzmon che, recensendo "Bastardi senza gloria" di Quentin Tarantino (avendolo già visto o no?) pensava anch'egli di trovarsi di fronte all'epopea della Grande Vendetta Ebraica, addirittura ad un film anti-Olocasuto, e probabilmente voleva anche lui togliersi la soddisfazione di dare qualche bastonata in testa ai basterdi sionisti che popolano i suoi incubi.
Anch'io, nel mio little one, suggestionata da questi autorevoli scritti mi ero fatta trascinare in un discorso che non catturava assolutamente lo spirito del film.
Ora che l'ho visto posso finalmente inquadrarlo, nel suo più profondo significato, in ciò che veramente è: una figata.



"Bastardi senza gloria" è prima di tutto un film di Tarantino, quindi l'ennesimo capitolo della Grande Saga della Vendetta Cosmica ed Implacabile, il suo argomento preferito ed anche il nostro, a giudicare dal successo che raccolgono le sue opere. Chi non ha il coraggio di provare sentimenti di vendetta, consuma solo piatti caldi o si fa spaventare dall'esaltazione che dà la vendetta compiuta, non può amare il suo cinema. Non si tratta solo di vendette sanguinose, di donne che da sole sgominano e fanno a pezzi 88 folli in un'esaltante rivisitazione della preparazione del ragù. Jackie Brown compie la sua vendetta usando solo un'accuminatissima e cerebrale astuzia.

Tarantino scrive e dirige film, come è noto anche ai sassi, ma assomiglia più ad un compositore sinfonico d'altri tempi. Si potrebbe dire che la sinfonia, morta per la Musica, è risorta nel Cinema scegliendosi come autore di punta Quentin Van.
Nelle sue sinfonie, questa è la numero sette, ci sono echi, suggestioni, rimandi ad altri autori, esattamente come succedeva con Beethoven e più recentemente con Mahler. C'è la suddivisione in tempi: Allegro, Presto, Andante, Largo, che lui chiama Capitoli. Ogni capitolo ha una struttura a sé stante, un inizio ed una fine, esattamente come i tempi di una sinfonia.

"Inglorious basterds" inizia con un lunghissimo Adagio, quasi un adagietto, ambientato in una improbabile campagna francese abitata da contadini ebrei (!!) dove arriva uno dei più straordinari personaggi visti di recente sullo schermo, il colonnello Landa interpretato dall'austriaco Christoph Waltz, uno che di Oscar dovrebbe riempirne uno scaffale, anche solo per come sa padroneggiare tutte le lingue in cui è parlato il film e per la tensione che riesce a creare nelle sue scene. Alla fine ci si domanda pure se il vero bastardo del film non sia proprio solo lui e gli altri solo un abile e fracassone depistaggio, il teaser dentro il film.

L'Allegro che introduce i "basterdi" e le loro sanguinose imprese, con l'Orso Ebreo di Eli Roth che fa un'entrata da "commendatore" mozartiano, è seguito da un altro Andante che ci presenta la Vendicatrice, la Regina della Notte Shoshanna ed il suo grande masterplan di far secco tutto l'ambaradan nazista rinchiudendolo in un cinema da sacrificare allo scopo. Der Hölle Rache. Meraviglie del nitrato d'argento. L'immaginazione contro il potere. Il cinema lanciato a bomba contro l'ingiustizia. Un momento di studiata e scientificamente pianificata anarchia.

Questo sontuoso finale, che giunge dopo intermezzi vari, quartetti, duetti, recitativi, è un allegro con fuoco (nel vero senso della parola) altrettanto esaltante delle cannonate dell'ouverture 1812 di Chaikovsky (ve la ricordate, en passant, in "V per Vendetta"?) e dominato dalla meravigliosa immagine della Faccia Gigante. Un momento cinematograficamente esaltante ma non solo.

La vendetta ebraica, già. Chi più degli ebrei avrebbe voluto vendicarsi dei nazisti? Anche se i tempi storici non quadrano e ci sono altre incongruenze - è solo un film, un sogno, non dimentichiamolo mai, non saremo mai grati abbastanza a Tarantino per averci regalato la fantasia di chiudere tutti i bastardi (quelli veri) che commettono atrocità in una stanza e farli fuori a bastonate.
Lo so, è volgare, è pornografico, di fronte alla rocciosa nobiltà del Colonello Von Stauffenberg di Tom Cruise che vive il regicidio con raffinata sofferenza, l'Orso Ebreo (our man) che massacra hardcore Hitler con la mazza da baseball, splat splat. E' volgare ma è ciò che tutti abbiamo sognato di fare, figuriamoci gli ebrei. In fondo è una cosa vecchia come il mondo. Quanno ce vo' ce vo'. Le rivoluzioni non si fanno in guanti gialli. "Massacra il dittatore" è un gioco serio, altro che "Carmageddon".

Tarantino, per la sua prima fantasia in costume, da perfetto filologo che non ha paura di sporcarsi il grembiulino con la cultura europea, alta o pop non importa, non pesca solo nel cinema thriller tedesco e nel solito immenso repertorio italiano ma addirittura nel cast del "Commissario Rex". Evvai. Christoph Waltz interpretò un inquietante serial killer nell'episodio "Der Puppenmorder" della terza serie (ecco dove l'avevo visto!) e nel plotone dei basterdi c'è addirittura il secondo poliziotto-padrone di Rex, Gedeon Burkhard.
Ecco uno che non ha paura dei critici con la merda sotto il naso che "ohibò il cinema di serie B, la te-le-vi-sio-neee!"

La scelta delle musiche per la colonna sonora è come al solito piacevolissimamente spiazzante. Fin dalla musica dell'inizio, quel "Green Leaves of Summer" che mi è schizzato fuori dalla memoria rimuovendo un tappo vecchio di almeno quarant'anni. Da qualche parte in cantina ne devo avere ancora il 45 giri.
Il mio compagno mi ha fatto notare il tema di "La battaglia di Algeri" e di altri film italiani ed ho ritrovato con piacere il David Bowie di "Puttin' out fire" ("with gasoliiine") in arrivo direttamente sul binario degli anni 80.
I film di Quentin non sono solo cinema ma una seduta psicoanalitica con il paziente che ti inonda di libere associazioni.

Delizioso anche il cameo di Michael Myers e il tocco di genio della scena della scarpetta di Cenerentola, omaggio al notorio feticismo tarantiniano per il piede femminile.
Femmine tutta testa, anche in questo film. Bellissime e fatali ma con un sacco di cose da dire e da raccontare. Donne che se la giocano alla pari con l'uomo ed agiscono. Vi sembra poco, in un mondo di ragazze immagine tutta fica e niente cervello addestrate a cantare in coro "meno male che Papi c'è?"
Non so se questo è il capolavoro di Tarantino, come egli fa dire al suo alter ego Aldo Pitt dopo che ha appena "tatuato" di coltello il nazista ma, se non lo è, è un'ottima imitazione.
Insomma Quentin, se non l'hai ancora capito, ti amo. Fai dei miei piedi ciò che vuoi.